di Tobia Zevi (associazione Hans Jonas) – L’Unità 18 ottobre 2010
Esiste qualcosa di intellettualmente più ripugnante che negare l’esistenza della Shoah o minimizzarne la violenza perversa e mortifera? Probabilmente no. E non si capisce come nell’università italiana possano trovare spazio personaggi come Claudio Moffa, sedicente storico che mette in discussione Auschwitz. Proprio a seguito di un suo corso a Teramo Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica di Roma, ha recentemente rilanciato la proposta di istituire il reato di negazionismo, già proposto nel 2007 da Clemente Mastella, allora Ministro della Giustizia. Come allora, sembra oggi riprodursi la stessa divaricazione: la politica largamente favorevole, la comunità scientifica scettica o contraria. Chi ha ragione? Sostenere che le camere a gas non siano mai esistite è qualcosa di aberrante, ma simili nefandezze non vanno probabilmente combattute ope legis. Innanzitutto occorre ricordare che in una democrazia liberale la materia dei reati di opinione – che pure esistono – è delicatissima, attiene alla sfera delle libertà e dei diritti individuali, e interroga i principi sui cui la nostra società è basata. L’idea che un preside, per esempio, possa punire un insegnante per le sue affermazioni, si presta ad arbitrii difficilmente sopportabili; nello specifico, poi, il reato potrebbe paradossalmente trasformarsi in un assist per questi signori. Il meccanismo intellettuale che fonda il negazionismo, infatti, sovverte il metodo dello storico, «revisionista» per natura: mentre lo studioso serio interroga le fonti, ed è pronto a smentire e a smentirsi in presenza di nuovi documenti, il negazionista non apporta un contributo originale, ma si limita «contrapporre» le sue tesi alla vulgata dei vincitori. Inoltre, se il negazionismo fosse una fattispecie penale, l’inquisito avrebbe diritto a tre gradi di giudizio e a una difesa. Come in ogni procedimento la sentenza dovrebbe tenere conto delle sfumature, delle attenuanti, degli elementi più dubbi. E, con i tempi biblici della giustizia, il negazionista guadagnerebbe una vetrina e potrebbe addirittura essere assolto: se qualcuno, per esempio, sostiene che i morti della Shoah siano molti meno di quelli riportati nei libri di storia, senza fornire cifre alternative, quale giudice firmerebbe davvero una condanna? L’idea della legge è perfettamente comprensibile, poiché l’indignazione è enorme, a poche ore dall’anniversario della deportazione degli ebrei di Roma. Ma l’impegno essenziale è un altro: investire nell’educazione dei giovani, avvalendoci dell’apporto straordinario dei testimoni, e individuare soluzioni perché personaggi come il nostro professore di Teramo – in tempi assai grami per i nostri atenei – non guadagnino la cattedra.
Articolo completo: http://www.unita.it/news/104739/attenzione_a_non_favorire_i_negazionisti
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