Dal 1983 a oggi ha ucciso 30 milioni di persone nel mondo: l’Aids resta la malattia che ha condizionato la vita di almeno tre generazioni. E c’è di più, l’anno scorso, il 2013 è stato l’anno nero dei contagi. In Europa, 136mila nuovi casi registrati soprattutto in Russia e negli altri paesi dell’Est. Un aumento dell’80% rispetto al 2004 che riguarda, purtroppo, i giovanissimi. La stragrande maggioranza dei contagi avviene per un rapporto sessuale non protetto. A Roma in 4 anni, i nuovi casi diagnosticati sono aumentati del 120%. L’Hiv-Aids resta la prima causa di mortalità nell’Africa subsahariana tra gli adulti.
Il nodo resta l’informazione. Un recente sondaggio della Lila indica che nove italiani su 10 hanno sentito parlare di Hiv, ma non di recente, e il 75% ritiene che il tema sia poco trattato e vorrebbe che fosse più affrontato soprattutto nelle scuole (79%), sui mass media (66%), ma anche dal medico (54%). Senza una corretta informazione, come mostrano i dati, la malattia è destinata a ritornare. Dall’indagine, emerge anche che solo una persona su 3 conosce la TasP (Treatement as Prevention), cioè l’uso dei farmaci antiretrovirali per diminuire il rischio di trasmissione dell’Hiv da parte di chi è già sieropositivo. Sebbene la quasi totalità dei partecipanti allo studio dica di non credere più ai classici miti sull’Aids, ci sono altre “leggende” che continuano a sopravvivere. Quattro su 10 infatti sopravvalutano il rischio di contagio accidentale, uno su 10 crede che la puntura delle zanzare possa trasmettere il virus e che lo scambio di siringhe sia la modalità di trasmissione più diffusa in Italia.
Roma, capitale del contagio. Inesorabilmente, il trend di contagio nel Paese è in crescita nell’indifferenza generale. Solo a Roma, le diagnosi sono esplose del 120% in appena 4 anni (2010-2014). Infatti si è passati dai 503 casi del 2010 agli oltre 1.106 casi nel 2014 (nel 2011 sono stati 624, nel 2012 erano 897, nel 2013 erano 1024). Lo spiega bene il dossier realizzato dal Centro Italiano di Solidarietà di don Mario Picchi.
«Nel mondo l’epidemia peggiore di Aids al momento è quella che si sta registrando nell’Europa dell’Est e in Asia centrale – conferma Alessandra Cerioli, presidente della Lila (Lega italiana per la lotta all’Aids) – . Anche se in Africa c’è il maggior numero di casi, si è visto che dove è stato migliorato l’accesso ai farmaci è calato il numero di infezioni. In Russia e in altri Paesi dell’Est Europa c’è un minor accesso al trattamento rispetto a quanto avviene in Africa, e questo ha portato ad aumento esponenziale dei casi negli ultimi anni. In alcune realtà sono addirittura triplicati».
«In Italia quattromila persone vengono infettate ogni anno, nel mondo sono stati 1,5 milioni i morti a causa dell’Aids nel solo 2014. Questi dati sono allarmanti e ci indicano chiaramente che la battaglia contro il virus dell’Hiv non è ancora finita. È necessario quindi continuare a fare campagne informative soprattutto tra le giovani generazioni e a dare maggiori sostegni a coloro che vengono colpiti dalla malattia affinché questa pesante piaga sociale sia sconfitta una volta per tutte». È la dichiarazione di Donata Lenzi, deputata del Partito Democratico e capogruppo in commissione Affari Sociali.
Numeri nazionali e globali. Le diagnosi confermate nel mondo riguardano almeno 37 milioni di persone. Paradossalmente, questa fotografia abbastanza realistica avvicina a uno degli obiettivi tracciati dall’Unaids, il programma delle Nazioni Unite sull’Aids: diagnosticare entro il 2020 il 90% delle infezioni, farle entrare in terapia e abbattere la carica virale del virus Hiv nel 90% delle persone che assumono un trattamento antiretrovirale. Passi importanti che possono contribuire alla scomparsa della pandemia entro il 2030. Ma, la situazione resta critica perché i contagi continuano a crescere e le diagnosi sono comunque tardive, soprattutto nelle giovani generazioni, compresi i minori. «In Italia – ha detto Rosa Chiodi, pediatra infettivologa dell’Ao S. Camillo Forlanini – sono stati registrati alla fine del 2012 ben 64.898 casi di Aids, di cui 723 casi (1,2%) pediatrici, ossia inferiori ai 13 anni. I casi, dal 1992 al 98, sono passati dal 37% al 50%. Bisogna investire di più nella prevenzione, non solo nella terapia».
Il contrasto all’Aids insomma resta «una sfida globale, davanti alla quale non ci si può tirare indietro», come ha ribadito il ministro della Salute Beatrice Lorenzin in un messaggio inviato al convegno nazionale della Croce Rossa Italiana che si è svolto oggi a Roma. Nonostante nei Paesi occidentali i successi terapeutici contro la malattia siano in gran parte dovuti ai risultati ottenuti dalla ricerca scientifica, «occorre tenere ben presente che le attuali strategie terapeutiche – ha ricordato il ministro – non consentono la guarigione dall’infezione ma permettono di tenerla sotto controllo».
Negli anni, gradualmente si è abbassata la guardia sulla prevenzione e in generale sul tema dell’Aids. Perché da malattia con esito mortale si è trasformata, grazie alle terapie antiretrovirali, in malattia cronica. Fino ad arrivare alle nuove terapie monodose, più tollerabili e con meno effetti collaterali rispetto al passato. Attualmente quasi 13 milioni di persone sono in terapia antiretrovirale, circa un terzo dei 35 milioni di malati che ne avrebbero bisogno.
Vecchi e nuovi scenari di contagio. Nei paesi a medio e basso reddito è particolarmente grave la situazione dei bambini: migliaia di piccole vittime di cui solo il 25% riceve la terapia. Lo spiega bene Christoph Benn, direttore per le relazioni esterne del Fondo Globale per la Lotta contro Aids, Tbc e malaria: «Da alcuni anni assistiamo ad una notevole riduzione di morti correlate all’Aids. Attualmente, il Fondo Globale sostiene 6,3 milioni di persone in trattamento antiretrovirale. Nonostante questi progressi rilevanti, non dobbiamo supporre che il problema sia risolto. Hiv e Aids sono ancora la prima causa di mortalità nell’Africa subsahariana tra gli adulti». I dati Unaids parlano chiaro: nel 2013 hanno perso la vita a causa del virus 1.5 milioni di persone e oltre due milioni di individui sono stati contagiati. Tuttavia, nell’ultimo decennio sono stati fatti enormi progressi, «Circa dodici anni fa il tasso di copertura della terapia antiretrovirale salvavita era del 2%, oggi siamo arrivati quasi al 60´%» tiene a precisare Benn. Ci sono fattori da cui il progresso della lotta all’Aids non può prescindere. Il diritto di accesso alle cure e alla terapia è un altro pilastro della lotta all’Aids. Sono i bambini a soffrire maggiormente proprio della mancanza di accesso alla terapia e nel 2013, circa il 60% delle nuove infezioni tra i giovani della fascia d’età 15-24 anni è stato contratto da donne. Restando in campo internazionale l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha chiesto alla Cina un maggiore impegno contro l’Hiv. Oggi nel Paese ci sono almeno mezzo milione di sieropositivi, mentre altre centinaia di migliaia di persone potrebbero essere contagiate senza saperlo.
Tra realismo e sfiducia degli operatori. La Giornata mondiale di lott all’Aids in Italia «continua a essere celebrata con abbondanti dosi di retorica e ipocrisia». Lo afferma senza mezzi termini Aurelio Mancuso, presidente di Equality Italia. «Nei fatti, a parte le associazioni che da anni si battono per la prevenzione e la dignità delle persone, lo Stato non promuove – sostiene – alcuna azione concreta che impedisca un continuo aumento delle infezioni. Le campagne sui media – prosegue Mancuso – sono sporadiche, per lo più generiche e non influenzano i target su cui bisognerebbe, come avviene nel resto del mondo civile, puntare per diminuire l’incidenza del contagio. Manca la volontà politica di affrontare la questione dell’Aids e delle malattie sessualmente trasmissibili (in enorme espansione) con il rigore scientifico necessario, con politiche socio sanitarie coerenti con tutte le indicazioni internazionali. Anche quest’anno, quindi, assisteremo alle solite “manfrine” istituzionali, che in realtà – conclude il presidente di Equality Italia – coprono una volontà di assoluta inazione».