La storia che vi raccontiamo è quella di Behzad Zabihi Mohfarouzaki, arrestato l’8 marzo in Iran con l”accusa” di essere parte della minoranza Baha’i. La parola ‘accusa’ va sottolineata: sebbene la religione Baha’i ha una origine antichissima, nell’Iran khomeinista è considerata una setta da eliminare. Ai Baha’i iraniani non solo non è riconosciuto lo status di cittadini iraniani con pieni diritti, ma è limitato l’accesso all’istruzione pubblica ed esiste un chiaro codice che prescrive le attività economiche che gli appratenti a questa minoranza possono svolgere. Lo stesso Ali Khamenei, Guida Suprema dell’Iran, ha emesso una fatwa (editto religioso), per vietare agli “iraniani puri” di entrare in contatto con i Baha’i.
Behzad Zabihi Mohfarouzaki, come suddetto, è stato arrestato all’inizio di Marzo 2016 presso Sari. Per la cronaca, solamente negli ultimi cinque anni, Behzad è stato arrestato per ben quattro volte. Questa volta, la sua detenzione è durata solamente una settimana, prima di essere rilasciato su cauzione (ha pagato circa 30,000 dollari…). Una volta rilasciato, Behzad ha deciso di raccontare al sito Iran Wire l’esperienza terribile che ha subito.
Secondo quanto racconta Behzad, cinque uomini dell’intelligence iraniana sono entrati nella sua casa, senza alcun mandato, e hanno rovistato dappertutto cercando soprattutto libri religiosi. Davanti alla rabbia di Behzad, gli agenti hanno minacciato di arrestarlo se avesse sporto un’ufficiale protesta. Durante il raid, gli agenti del MOIS – cosi si chiama il Ministero dell’Intelligece iraniano – hanno insultato Behzad, con parole quali “infedele”, “apostata”, “israeliano” e lo hanno accusato di essere un “senza Dio”.
Trasferito presso i locali uffici dell’intelligence, Behzad è stato incappucciato e picchiato. Nel frattempo, senza alcun permesso, gli agenti della polizia – sempre sotto la supervisione dell’intelligence – hanno chiuso il negozio di occhiali gestito Behzad, nonostante egli avesse ottenuto un permesso di cinque anni e fosse in regola con il pagamento delle tasse. Già in passato le autorità avevano chiuso per alcuni giorni l’attività, in risposta alla scelta di Behzad di non aprire durante le festivita’ Baha’i (le cui celebrazioni sono vietatissime in Iran).
Al terzo giorno di detenzione, uno degli uomini responsabili degli interrogatori, ha proposto a Behzad di prendere parte a un dibattito sulla fede Baha’i e sull’Islam. Un tranello a cui, fortunatamente, Behzad non è caduto: in Iran, infatti, le minoranze non sono autorizzate a prendere parte a dibattiti religiosi e proselitismi. Se avesse accettato, sicuramente, Behzad avrebbe segnato la sua sicura permanenza dietro le sbarre.
Buona parte della sua settimana in detenzione, Behzad è stato costretto all’isolamento. Durante questo periodo, le accuse contro di lui – tutte campate in aria – sono passate da “propaganda contro lo Stato” a “propaganda contro il Corano e contro l’Islam”. Prima di rilasciarlo, i membri del Ministero dell’Intelligence iraniano hanno tenuto a precisare che i Baha’i non hanno diritto di stare in Iran e che sono solamente dei cittadini di terza classe, non meritevoli di godere di diritti civili e di alcuna tolleranza.
Cyrus