Una delle discriminazioni più palesi e frequenti nella nostra società è senza dubbio quella diretta ai Disabili. Sono tantissime le categorie di disabili (ciechi, carrozzati, sordomuti, pluriminorati etc.) esse vengono rappresentate e tutelate, mediante rapporti di mediazione con gli organi centrali delle istituzioni, attraverso le associazioni (molte delle quali storiche) che le rappresentano. Oggi, sempre più frequentemente si sente parlare di abbattimento delle barriere architettoniche, integrazione lavorativa del disabile, assistenza al disabile, servizi diretti ai disabili, iniziative (di qualsiasi genere) per il disabile, ma su 100 di queste promesse il nostro Paese ne riesce a garantire all’incirca 20. Equality Italia parte da un’ottica fortemente europeista: in Europa è prevista un’Agenda Sociale, munita di scadenzario biennale, ove vengono previsti degli obiettivi da raggiungere. Gli Stati membri dovrebbero attenersi a questa agenda, assimilarla come direttiva ed applicarla all’interno della propria governance fissando uno scadenzario. In Italia, teoricamente un documento del genere è presente, ossia il famoso Libro Bianco del Ministero del Lavoro, che nei vari punti sulla disabilità enuncia propositi meritevoli – ma nei fatti trova scarsa applicazione. Il Vertice di Lisbona aveva rappresentato una svolta in tal senso ma l’attuale crisi economica ha sottratto una buona fetta delle risorse economiche destinate alla disabilità favorendo lo status quo del Welfare generale di Stato.
Equality Italia pertanto si prefigge i seguenti obiettivi:
- Intervenire sulla scala delle priorità dell’allocazione delle risorse per riabilitare. (tempistica nel medio tempo)
- Effettuare una puntuale ed oggettiva classificazione delle disabilità, perché il rischio oramai conclamato è che si faccia un unico grande pentolone dove vengono inseriti i disabili (cioè le varie categorie, di varie fasce di età, affette da oggettiva menomazione) e gli anziani (che spesso a causa di problematiche legate all’età vengono supportati). Entrambe le categorie devono essere aiutate, ma gli assunti sono diversi e si rischia di cadere in errori che implicano anche uno spreco eccessivo di risorse non aiutando nessuna delle due categoria menzionate.
- Combattere l’emarginazione attraverso l’inclusione sociale cominciando ad investire nel sociale.
- Supportare e sostenere le famiglie che si trovano a dover fronteggiare questa tematica in beata solitudine.
- Dare il via ad un vero e proprio approccio sistemico alla disabilità, attraverso la creazione di servizi.
- Avviare un confronto definitivo sulla legge 383/2000, se e come deve essere applicata e/o modificata.
- Creare una rete nazionale che si esplichi a livello regionale, provinciale e comunale attraverso il coordinamento con le associazioni di categorie.