Qualche giorno fa, la magistratura iraniana ha dato notizia dell’arresto del fratello del Presidente Rouhani, Hossein Fereydoun. Si tratta di un arresto di primaria importanza, non solo perché si tratta di un famigliare di Rouhani, ma anche perché Hossein è tra i principali collaboratori del Presidente iraniano, da poco rieletto.
Teoricamente, Hossein Fereydoun è accusato di reati finanziari, ma è chiaro a tutti che la questione è politica. Allora è bene riflettere attentamente sul significato di questa mossa della magistratura iraniana, accolta tra gli applausi della fascia più conservatrice del regime.
Due considerazioni saltano subito alla mente:
– In primis, ipotesi da considerare, le accuse contro Hossein Fereydoun potrebbero essere reali. Il fratellastro di Rouhani sarebbe accusato di aver concesso salari folli a dipendenti pubblici, ovviamente per fini politici. Una mossa che, difficilmente, sarebbe potuta accadere senza un implicito consendo del Presidente Rouhani stesso. Una nuova conferma dell’altissimo grado di corruzione e corruttibilità del sistema politico iraniano.
– Secondariamente, le accuse contro il fratello di Rouhani potrebbero essere false e l’arresto di Hossein Fereydoun, vista in questo modo, sarebbe una macchinazione contro il Presidente iraniano. Il che, in soldoni, farebbe ben capire il livello di scontro interno tra le fazioni iraniane e il grado di rischio che si corre, nel sostenere questo o quel leader. In particolare, il grado di rischio che si corre nel sostenere Rouhani, contro il quale ormai agiscono non solo i Pasdaran, ma anche la magistratura e lo stesso Khamenei, la Guida Suprema.
Se le considerazioni sono due, la conclusione è univoca: fare affari con il regime iraniano non è solo moralmente vergognoso, ma anche strategicamente fallimentare. Per un Occidente che punta a cavalcare il debole – e ben poco moderato – Hassan Rouhani, il rischio di restare solamente con della secca biada è altissimo.